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Ya es tiempo. Le pietre del paradiso

Ya es tiempo. Le pietre del paradiso

Quando la storia si fa romanzo ma resta fedele a date, avvenimenti e protagonisti, raddoppia in fascino e pagina dopo pagina regala lezioni per il presente e moniti per il futuro.

Errori da non ripetere, ideali da salvare, messaggi da tramandare, valori universali che attraversano i secoli e hanno tanto da insegnare.
Perché la storia - come ammonivano pur con accenti diversi Manzoni e Croce - deve essere contemporanea.

Lo ha ben presente Mario Emanuele Bianchetti, medico di professione e fine intellettuale, che ha scelto il romanzo storico per scavare nei significati del tempo e rinverdire quelli ancora validi per il terzo millennio.
Ya es tiempo. Le pietre del paradiso racconta la cronaca di dieci giorni cruciali trascorsi sul finire del 1545, l’anno in cui il Concilio di Trento scosse il mondo intero e di cui ancora oggi l’Europa porta il segno.
Ambientati a Castel Madruzzo, antichissimo maniero addossato alle pendici del monte Bondone di Trento dove il Concilio fu organizzato, furono giorni segnati da avvenimenti e colpi di scena straordinariamente attuali, che Bianchetti fa scorrere avvincenti e veloci tra fatti e persone con la figura del Cardinale Cristoforo Madruzzo in primo piano.
Principe della Chiesa di Roma e proprietario del Castello omonimo, Cristoforo Madruzzo fu amico di Carlo V, l’uomo più potente del tempo, che nutrì per tutta l’esistenza il grande sogno di un mondo coeso e pacificato.

“Ya es tiempo”, la frase che dà il titolo al libro, contiene le parole che l’Imperatore pronunciò in tempo di morte e che Bianchetti utilizza per trarre dall’indagine storica un messaggio ecumenico, civile e religioso.
L’espressione per molti potrebbe semplicemente rappresentare il congedo di un grande uomo dal mondo: “ya es tiempo”: “è tempo di morire”, ma l’autore del libro ne sottolinea un significato squisitamente attuale, un messaggio d’amore e fratellanza rivolto all’intera umanità.

Un auspicio di una sola fede universale senza più guerre e odio razziale. «È un romanzo - spiega Bianchetti - motivato da forti bisogni di universalità, dalla certezza che la religione debba essere motivo di unità e non di divisione».
Ecco quindi che il libro si presta a una doppia chiave di lettura: quella storica, avvincente e affascinante, raccontata con dovizia di dettagli e curiosità, e quella più filosofica, che nella storia sa leggere gli insegnamenti validi per l’oggi e il domani, partendo proprio dalla speranza di un grande imperatore.

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